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SEZIONE ESOPIANETI - Pronti, partenza... via!

Ciao a tutti cacciatori di mondi alieni,

siete tornati dalle vacanze? Oppure dovete ancora partire? Spero vi siate rilassati, in ogni caso, e siate pronti a una nuova avventura insieme! A me piace viaggiare e quando devo fare un viaggio non è solo la meta in sé a emozionarmi, a me piace anche tutto l’aspetto organizzativo. Mi piace preparare il percorso che faremo, informarmi sulle cose da visitare, sulle strade da percorrere. Si, anche le strade! “Non è importante la meta quanto il viaggio” diceva Paulo Coelho, ed è vero, almeno per me.

Allo stesso modo in astronomia; il divertimento per me inizia già con la preparazione di una serata osservativa, sia con la ricerca delle informazioni a casa, sia nella preparazione della strumentazione in cupola la sera stessa dell’evento. In spagnolo aspettare si dice “esperar” perché in effetti aspettare è un po’ anche sperare. Sperare che tutto vada come previsto, sperare di ottenere dei buoni risultati, sperare che la meta valga il viaggio!

Nello scorso articolo ci siamo preparati per la serata, ci siamo documentati sulla posizione del pianeta, sul meteo, sulla posizione della eventuale Luna, sugli orari e sui dati tecnici dell’esopianeta; insomma abbiamo preparato con cura le valigie e abbiamo inserito all’interno tutto l’occorrente… Non ci resta che partire per questo tanto atteso viaggio!

Il percorso che ci porterà alla meta sarà altrettanto interessante e pieno di sorprese, e allora prendiamo la chiave giusta nel nostro portachiavi virtuale e apriamo le porte di Libbiano: ci prepariamo per osservare!

Ma che cosa dobbiamo effettivamente fare in osservatorio per prepararci alla ripresa di un transito? Non basta accendere il computer e iniziare a fare foto, c’è un rituale segreto, rivelato solo agli adepti, che viene svolto con grande spargimento di sangue sopra un ara sacrificale… 80 okey, forse sto esagerando un po’, però, in effetti, c’è un po’ di alone mistico intorno alla preparazione della strumentazione e siamo qua oggi per svelare il trucco, e far capire a tutti i complottisti del mondo che in realtà gli astrofili non sono una strana setta, ma semplicemente un gruppo di comuni mortali appassionati di astronomia.

Appena entriamo in osservatorio, primissima cosa da fare, prima ancora di aver posato giacchetti, borse o altro, è l’apertura delle finestre e della cupola. Perché questo? Tutti sappiamo per esperienza nel quotidiano che l’aria calda tende a salire e quella fredda a scendere. Questo avviene perché se l’aria si scalda aumenta il suo volume e di conseguenza diminuisce la sua densità quindi diventa più leggera e si posiziona sopra agli altri gas più pesanti, compreso l’aria fredda. Ma se in osservatorio l’aria calda sale, dove va? L’unica apertura disponibile è proprio quella della cupola dove è puntato il nostro telescopio. Noi però, per osservare al meglio, vogliamo che l’aria sia più ferma possibile, e che non ci sia turbolenza, men che meno davanti al nostro strumento di ripresa. E allora apriamo tutto, almeno un’ora prima della reale osservazione in modo da creare stabilità termica all’interno della cupola. Niente riscaldamento d’inverno o aria condizionata d’estate!

Mentre la temperatura dell’aria si stabilizza, noi prepariamo il resto della strumentazione. Accendiamo il nostro Pc e apriamo tutti i programmi che ci serviranno, collegandoli alla nostra strumentazione. Ovviamente questi sono i programmi che abbiamo scelto noi, ma ne esistono moltissimi ugualmente validi. Primo tra tutti apriamo “The Sky” che non è altro che una mappa stellare, un catalogo di stelle, pianeti, galassie, comete ecc che sincronizziamo con la posizione del telescopio. Tutti gli spostamenti che faremo fare al telescopio li possiamo comandare direttamente da qua.

Poi apriamo “Robofocus” per controllare la messa a fuoco della strumentazione. Scattiamo immagini in sequenza e pian piano miglioriamo (o talvolta peggioriamo, ma lo vedremo nel prossimo articolo! XD) il fuoco dell’oggetto.

Il prossimo programma da aprire è “PHD guiding” che come dice anche il nome è un programma di guida. In cupola abbiamo due telescopi, nella configurazione per la ripresa dei transiti il riflettore da 50 cm lo utilizziamo per le riprese vere e proprie, mentre il rifrattore da 18 cm lo utilizziamo come telescopio di guida, appunto. Che significa guida? La nostra strumentazione è ovviamente “messa in polare”, inizialmente sincronizziamo la posizione del campo di ripresa con un oggetto ben preciso preso come campione e ovviamente tutta la strumentazione è motorizzata quindi segue la rotazione apparente della volta celeste, ma può darsi che con il passare del tempo e con la rotazione intorno all’asse la precisione ne risenta un po’ e noi invece vogliamo che le foto risultino perfettamente allineate. Per questo motivo ci avvaliamo di un’ulteriore sistema di guida tramite una camera astronomica che viene gestita dal suddetto programma. In pratica facciamo scattare delle foto a questa camera, selezioniamo un oggetto abbastanza luminoso e chiediamo al programma di far rimanere quell’oggetto sempre su quel preciso pixel dove si trova inizialmente. Il programma manderà quindi degli imput al telescopio con un intervallo di tempo ben preciso (2-3 sec al massimo per una buona guida) che correggeranno la posizione del telescopio mantenendo quindi il campo di ripresa fermo.

Ultimo programma da aprire è “Maxim DL” che è il vero fulcro di tutta l’osservazione. Tramite questo programma, infatti, gestiamo il nostro CCD, che è a tutti gli effetti la nostra macchina fotografica. Prima cosa da fare è raffreddare il sensore. Perché va raffreddato? Come in ogni apparecchio in cui è presente una corrente elettrica, anche nel nostro CCD esiste il cosiddetto rumore termico. Vediamo come funzionano questi sensori. Il funzionamento è per certi versi molto semplice: il sensore è formato da una griglia di pixels, ogni volta che un fotone, proveniente dall’oggetto che stiamo riprendendo, impatta col nostro strumento, si vengono a formare diversi elettroni che “cadono” dentro ai pixels corrispondenti. Oltre a questi elettroni che sono il nostro segnale, quello buono, ci sono anche altri elettroni prodotti dall’agitazione termica dello strumento stesso (tradotto: dalla temperatura dello strumento! La temperatura in fisica non è altro che la misura dell’agitazione degli atomi in un dato materiale) che vanno a loro volta a riempire i pixels della griglia causando il suddetto rumore termico chiamato in astronomia “corrente di buio”. Per ovviare a questo problema noi raffreddiamo il CCD, diminuiamo quindi la sua agitazione termica e di conseguenza eliminiamo gli elettroni cattivi. Di solito noi lavoriamo ad una temperatura di -30° C, anche se il nostro CCD potrebbe raggiungere temperature anche molto inferiori.

A questo punto non ci resta che, tramite The Sky, spostarci nel campo di ripresa dove si trova l’esopianeta che abbiamo scelto, provare, tramite Maxim, a scattare alcune foto e identificarlo in mezzo alle altre stelle. Una volta centrato non ci rimane altro che fare delle prove per capire con che parametri fare le riprese. L’esposizione, cioè il tempo in cui l’otturatore della macchina fotografica resterà aperto, è il primo parametro da impostare. Cerchiamo di non scendere mai sotto il minuto di esposizione perché la scintillazione della stella creerebbe dei problemi successivamente nell’elaborazione dei dati, alla stesso modo cerchiamo di non avere 3-4 minuti di esposizione perché altrimenti scatteremo poche foto e avremo poi meno precisione sulla curva finale. Certo molto dipende dalla magnitudine (luminosità!) della stella in questione. Se è poco luminosa, per riuscire ad avere un segnale accettabile, dovremo allungare i tempi di posa. Al contrario, se è molto luminosa dovremo diminuirli. Ci sono dei piccoli trucchi per ovviare ad alcune situazioni limite che però vi racconterò nel prossimo articolo. Un altro parametro da tenere d’occhio per quanto riguarda i tempi di esposizione è l’altezza della stella sull’orizzonte. Ad esempio più un oggetto è basso più sarà la massa d’aria (cioè lo spessore dell’atmosfera) che i fotoni devono attraversare prima di raggiungere il nostro strumento, e quindi il segnale risulterà più debole, ma con il passare delle ore l’oggetto, seguendo la rotazione apparente della volta celeste, si alzerà sempre di più ritrovandosi ad attraversare uno spessore molto minore di atmosfera e di conseguenza raggiungerà un segnale molto più alto. Dobbiamo quindi prevedere la posizione finale dell’oggetto e regolare i tempi di esposizione sull’ipotesi di come incrementeranno o decrementeranno nel corso della serata (in fondo un po’ astrologi lo siamo davvero! XD). E non è finita qui! In effetti non dobbiamo fare le nostre valutazioni sull’esposizione soltanto sulla stella oggetto del transito, ma anche su un'altra stella nelle vicinanze, che chiamiamo in gergo stella di riferimento. Che cos’è questa stella di riferimento?

Per capirlo dobbiamo fare un piccolo passo avanti e andare a vedere quale sarà il risultato finale della nostra osservazione, ovvero la curva di luce. Questa curva, che rappresenta la variazione di luminosità della stella al passare del pianeta, viene costruita su un semplice grafico cartesiano  e ha come riferimento la luminosità di un’altra stella che selezioniamo noi in fase di elaborazione e che prendiamo come immutabile nel tempo. In pratica diciamo al software di dirci quanto è diminuita la luminosità della stella con l’esopianeta rispetto a un’altra stella con luminosità fissa. Certo dobbiamo essere sicuri che questa stella “di riferimento” sia effettivamente fissa, e non una variabile a corto periodo. Vero Alberto? XD

Quindi, in pratica, l’esposizione della foto dovrà andare bene sia per la stella oggetto del transito sia per quella di riferimento. Ovviamente cercheremo stelle di magnitudine simile, se presenti, per poter utilizzare dei parametri che siano un compromesso accettabile tra le due stelle e non ci facciano perdere troppo segnale della stella in oggetto. Deciso il tempo di esposizione creiamo una sequenza di scatto con i parametri scelti e… siamo pronti per le riprese!

Buona norma è iniziare a riprendere mezz’ora prima dell’inizio effettivo del passaggio del pianeta sul disco stellare e finire le riprese mezz’ora dopo, in modo da avere più margine per la successiva elaborazione dei dati.

In tutto, questo nostro viaggio, dura circa un’oretta. A questo punto siamo arrivati alla nostra meta e adesso dobbiamo solo scendere dall’auto e ammirare il paesaggio, sperando di non aver sbagliato strada!

Silvia Gingillo

P.S. Per la foto panoramica del paesaggio… ops XD per la ripresa effettiva del transito vi aspetto al prossimo articolo con altre curiosità e molti trucchi svelati sull’affascinante mondo degli esopianeti!


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