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SEZIONE ASTROFOTOGRAFIA - Filtri per l'astronomia

Bentornati astrofotografi,

nello scorso articolo abbiamo visto insieme come possiamo fare per mantenere l’oggetto da riprendere più fermo possibile nel campo di ripresa, aiutandoci con un telescopio di guida. Abbiamo fatto parecchia strada da quando abbiamo iniziato questo percorso parlando di treppiedi e macchine fotografiche di base… Il mondo della fotografia astronomica è un mondo incredibile e con mille sfaccettature: ogni astrofotografo ha il suo personale metodo, noi qua cerchiamo solamente di dare alcune indicazioni di base che speriamo possano essere utili a chi si sta approcciando a questa fantastica forma di arte.

Dopo diversi articoli adesso siamo veramente pronti a fotografare tutti gli oggetti che si trovano nel nostro universo.

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Solo che… non tutti abbiamo disponibile un cielo di alta montagna, con un ottimo seeing, senza luci a disturbarci e quindi le foto possono risultare piene di “rumore” dovuto a questi fattori. Che cos’è questo rumore?

Sul dizionario troviamo: “Fenomeno acustico associato a sensazioni sgradevoli”. Beh… per noi non vale il riferimento al senso dell’udito, ma la sensazione sgradevole di sicuro ci tocca direttamente. La fotografia, come dice il nome stesso, non è altro che “la scrittura della luce”, in pratica quando scattiamo una foto noi stiamo traducendo in un disegno tutto ciò che ci arriva tramite un segnale luminoso: il fotone. La nostra macchina fotografica però non ha idea di quale sia il soggetto della nostra foto, quindi oltre a trasformare in immagine i fotoni che arrivano dal nostro soggetto, il cosiddetto segnale, catturerà e trasformerà anche tutti gli altri che arrivano dall’ambiente, compresi inquinamento luminoso ed elettricità per far funzionare la montatura stessa, il cosiddetto rumore. Quindi nelle nostre foto avremo sia il segnale che ci arriva da ciò che vogliamo effettivamente riprendere, sia il rumore che ci arriva da tutto il resto.

Come facciamo dunque a selezionare i fotoni buoni da quelli brutti e cattivi? Niente panico! Esiste una soluzione per tutto, o quasi.

In questo articolo vedremo come porre rimedio all’inquinamento luminoso, che aimè affligge moltissimi dei luoghi della nostra penisola ma non solo.

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A Libbiano riusciamo ancora adesso ad avere un cielo abbastanza buono e buio, ma non tutti possono permetterselo e soprattutto non tutti hanno la possibilità di avere un luogo come il nostro osservatorio vicino casa dove poter andare a fare astrofotografia. Oggi vedremo come sia possibile, anche dal balcone di casa vostra, riuscire a fare delle ottime fotografie di oggetti del profondo cielo utilizzando dei filtri astronomici.

Innanzitutto bisogna conoscere, appunto, quanto è grave la malattia che affligge i nostri cieli dal posto in cui scattiamo. C’è molto inquinamento luminoso? Dovremmo scegliere dei filtri a banda stretta. Ce n’è un po’ ma non troppo? Possiamo utilizzare i filtri a banda larga. Inoltre, che strumento di ripresa utilizziamo? Una Reflex non modificata, una modificata, oppure utilizziamo una camera astronomica monocromatica? Inoltre che oggetto vogliamo riprendere? Vedremo che in base a tutti questi fattori la scelta dei filtri da utilizzare cambia drasticamente.

Mimmo Belli - Nebulose Testa di cavallo e fiamma - filtro anti-inquinamento IDAS

Se utilizziamo una macchina non modificata, potremmo, ad esempio, mettere soltanto un semplice filtro anti-inquinamento, perché sarebbe inutile se non deleterio inserire filtri più performanti. Con una Reflex modificata o una camera astronomica a colori possiamo osare di più, ma è con le camere astronomiche monocromatiche che possiamo veramente sbizzarrirci nella scelta dei filtri.

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Dobbiamo chiarire prima di tutto che cosa significa banda larga e banda stretta. La luce (i nostri fotoni, che in qualche caso possono anche essere visti come onde… oioi, ecco che inizia il mal di testa 8D), è formata da uno spettro caratterizzato da diverse lunghezze d’onda che possono corrispondere a diversi elementi chimici. Perché vi dico tutto ciò? Beh, perché i cosiddetti filtri a banda larga lasciano passare la maggior parte dello spettro della luce tranne, appunto, il nostro fatidico inquinamento luminoso (per gli anglofoni background noise). Ma è fantastico! In pratica riusciamo a mantenere quasi tutto il segnale, quello buono, e a eliminare il rumore cattivo. Lo sapevo che alla fine i buoni vincono sempre!

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In sostanza i filtri a banda larga esistono sia LRGB sia RGB, dove R sta per rosso, G per verde, B per blu e L per luminanza. Se abbiamo un sensore a colori ovviamente saremo svantaggiati in quanto solo un quarto dei pixel del nostro sensore lascerà passare segnale, se invece stiamo lavorando con un sensore monocromatico allora la presenza del filtro influirà su tutti i pixel presenti raccogliendo molta più informazione.

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Ovviamente verranno fatti molti scatti con ogni tipo di filtro e in seguito con un programma apposito faremo “venire fuori” questi colori sommando le varie foto e bilanciandole adeguatamente.

Flavia Casini - Nebulosa Iris - leggera elaborazione - filtro B - filtro G - filtro R

Flavia Casini - Nebulosa Iris - filtro RGB + filtro HA + filtro OIII

Però… c’è un però. Se il luogo da dove scattiamo è particolarmente inquinato i filtri a banda larga non riescono a salvare la situazione e devono intervenire i reparti speciali dei filtri: quelli a banda stretta.

Questi sono proprio rigorosi, e non fanno passare quasi nessuna parte dello spettro della luce, tranne una lunghezza d’onda ben precisa, che corrisponde, come già detto, a un preciso elemento chimico. Esistono tre tipi di filtri a banda stretta, creati a somiglianza di quelli montati al telescopio spaziale Hubble dalla Nasa (infatti si parla di “Hubble palette” quando ci si riferisce a foto create con la somma di questi tre filtri):

-          HA, che corrisponde alla riga alfa dell’idrogeno e che in fotografia risulta come rosso;

-          OIII, che corrisponde alla riga dell’ossigeno terzo che in fotografia risulta come blu e verde;

-          SII, che corrisponde alla riga dello zolfo secondo che in fotografia risulta come rosso scuro.

I filtri a banda stretta, sono moooolto selettivi, di conseguenza serviranno tempi di esposizione molto più lunghi per riuscire ad ottenere una buona potenza di segnale, e quindi molta pazienza e molto più tempo da dedicare a questa attività. Immagini riprese con questo tipo di filtri possono essere usate anche per impreziosire quelle scattate con filtri a banda larga, in quanto, essendo il segnale più preciso, gli oggetti risulteranno più contrastati. Va detto che senza un adeguata elaborazione, di cui parleremo nei prossimi articoli, non vedremo uscire fuori molto da queste foto. Vediamo qui di seguito alcuni scatti di Flavia Casini: quelle a sinistra rappresentano la somma grezza fatta sia con il filtro HA sia con il filtro OIII; quelle a destra rappresentano la somma precedente già leggermente elaborata per permettervi di apprezzare la qualità del segnale ripreso. Ovviamente queste foto hanno bisogno di molta altra elaborazione per dirsi complete.

Flavia Casini - IC 410 con ammasso NGC 1893 - somma grezza HA - somma elaborata HA - somma grezza OIII - somma elaborata OIII

Flavia Casini - Girini - elaborazione con filtro HA e OIII

Oggi esistono in commercio anche filtri detti multibanda. Che cosa sono? In pratica sono filtri a banda stretta che però non fanno passare solo una precisa lunghezza d’onda, ma più di una. In questo modo i tempi di ripresa si velocizzano, anche se a discapito della qualità, questo va detto, ma riusciamo ad avere un’immagine contrastata e con poco rumore, accettabile per l’astrofilo medio che non ha mai abbastanza tempo per dedicarsi all’astrofotografia. E' doveroso dire che questi filtri nascono per essere montati su Reflex o camere a colori, ma oggi vengono anche utilizzati sulle monocromatiche.

I filtri a banda stretta sono caratterizzati da un numero di nanometri, che corrisponde, in parole povere, alla dimensione della finestra dalla quale il suddetto filtro lascia passare le lunghezze d’onda dello spettro. Si va da 3 nm a 12 nm. Ovviamente, la finestra da 12 sarà meno selettiva mentre quella da 3 farà passare pochissimo segnale, così poco da poter scattare foto al profondo cielo anche con la presenza della Luna piena: infatti, selezionando solamente il segnale che ci proviene dall'oggetto che stiamo riprendendo, ci permette di aumentare notevolmente il contrasto tra quest'ultimo e il fondo cielo.

Quindi abbiamo detto che a seconda dello strumento che utilizziamo per riprendere possiamo utilizzare solo filtri a banda larga oppure sbizzarrirci anche con quelli a banda stretta. Abbiamo anche visto che a seconda del luogo da dove scattiamo e a seconda dell’importanza dell’inquinamento luminoso presente è preferibile utilizzare una tipologia di filtro rispetto a un altro, ma tutto questo è indipendente dai soggetti delle nostre foto?

Beh… in realtà no. Dovremmo tenerne di conto, infatti con oggetti che emettono su tutto lo spettro elettromagnetico, come stelle, galassie (che in realtà sono un insieme di stelle! XD) o ammassi (anche loro idem con patatine! XD) sarebbe preferibile utilizzare i filtri a banda larga per non perdere informazioni importanti dal segnale catturato. Anche se talvolta, fotografando le galassie più vicine a noi utilizzare la banda stretta fa emergere notevolmente le nebulose presenti nella galassia. Se vogliamo scattare invece a oggetti particolari, come le nebulose ad emissione, siccome queste emettono principalmente a particolari lunghezze d’onda, è consigliato utilizzare filtri a banda stretta, che tolgono via tutto il rumore e fanno passare la parte più importante del segnale (si parla dell’80% circa).

Nebulosa cuore - confronto tra una foto di Mimmo Belli e elaborazione in Hubble palette - skyandtelescope.org

Altre nebulose, come quelle a riflessione invece sono meglio rappresentabili con i filtri a banda larga in quanto non emettono a lunghezze d’onda precise, oppure le nebulose oscure, che sono molto belle riprese in contrasto con il background di stelle che le circondano.

Nebulosa Proboscide di elefante - confronto tra una foto di Mimmo Belli con filtro a banda larga e una foto di Flavia Casini con filtri HA e OIII a banda stretta

Inoltre esistono nebulose a emissione ad ampio spettro, la più famosa delle quali è sicuramente la nebulosa di Orione, che come dice il nome, è vero che sono ad emissione ma emettono a diverse lunghezze d’onda lungo tutto lo spettro ed è quindi preferibile riprenderle con un filtro a banda larga per non perderci parte del loro segnale.

Nebulosa di Orione - confronto tra una foto di Flavia Casini con filtro L-Extreme trial band e una elaborata in Hubble palette

Vorrei concludere dicendo che di filtri ne esistono davvero tantissimi, e ognuno dovrebbe sceglierli in base a diversi parametri, non solamente quelli elencati in questo articolo. Ci sono filtri che vanno messi al corpo macchina, filtri che vanno direttamente sul telescopio, altri che possono essere inseriti in una ruota portafiltri, insomma chi più ne ha più ne metta. Sicuramente l’esperienza e il confronto tra i vari astrofili può aiutare a capire qual è la scelta migliore da fare.

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In generale quelli a banda larga sono preferibili se non vogliamo perdere nessuna parte del segnale che ci arriva dal soggetto della foto e in qualche modo vogliamo rendere l’immagine più reale possibile. Certo è che se il cielo non è buono e non ci permette di avere immagini soddisfacenti dovremmo per forza utilizzare i filtri a banda stretta, che comunque, voglio ricordarlo, possono essere utili anche per contrastare maggiormente le immagini riprese a banda larga.

Eccoci qua arrivati anche questa volta alla fine di questo articolo, ma non disperate, ne arriverà presto un altro che ci porterà a scoprire ancora più cose in questo fantastico mondo dell’astrofotografia, che con precisione  e senza filtri XD ci ricorda ogni giorno quanto siamo piccoli immersi in questo universo che conosciamo ancora così poco.

Silvia Gingillo e Flavia Casini

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