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SEZIONE MITOLOGIA - Leggende del cielo: la costellazione del Cigno

Cari lettori di questo fantastico blog, da oggi parte una nuova rubrica sulla mitologia delle costellazioni: niente di astrologico, mi raccomando, qui non si fanno oroscopi!! Si vuole solo allietare il lettore con argomenti, diciamo così, più leggeri quindi, sotto l’ombrellone o con in mano una bibita fresca in un momento di relax, provate a stuzzicare la vostra curiosità con le storie del cielo, appartenute a varie culture nel corso di secoli di storia della Terra.

Partiamo con una frase che ci predisponga meglio ad immergerci nei misteri della volta celeste …

“Ogni sera le stelle emergono come spiriti magici, mentre il Sole discende nel suo nascondiglio notturno”

Rappresentazione del cielo notturno - Stellarium

Esse si accendevano nel cielo agli albori delle prime civiltà e si accendono oggi, purtroppo alcune non riusciamo più a vederle ad occhio nudo a causa dell’inquinamento luminoso, ma come gli astri sapevano accendere la fantasia dei primi ominidi, possono ancora aprire in noi le porte a fantastiche visioni.

Costellazioni del Cigno, Lira e Aquila - Stellarium
Ci sono diverse modalità per guardare le stelle: lo si può fare con gli occhi dello “scienziato”, analizzando affascinanti dati su composizione, magnitudine ecc. o lo si può fare con gli occhi dei sognatori. Cosa non molto lontana da ciò che gli uomini antichi facevano, individuando nei vari apparenti gruppi di stelle raffigurazioni di eroi, Dei, animali o personaggi fantastici. Ed è proprio in un viaggio visionario che vi accompagnerò in questa nuova rubrica.

Rappresentazioni delle costellazioni del Cigno, Lira e Aquila - Stellarium
Innanzitutto, occorre sapere che le costellazioni, in realtà, sono frutto dell’immaginazione umana come espressione dell’antico desiderio di imprimere un proprio “ordine” nel caos apparente del cielo notturno, oltre a dare la possibilità di orientarsi. Ma forse la motivazione più antica, fu quella di cercare di “umanizzare” l’oscurità della notte. Talvolta si può rimanere delusi per il fatto che in pochissime costellazioni, se non in nessuna, riusciamo a identificare le figure dalle quali prendono il nome, ma pretendere questo, sarebbe non capire il loro significato. Esse sono simboliche allegorie celesti. Il cielo stellato rappresentava e può ancora rappresentare uno schermo (la TV ancestrale) sul quale l’immaginazione poteva creare racconti di Dei, animali fantastici ecc. Era come un libro illustrato ai tempi in cui la scrittura non esisteva. Perciò vi suggerisco, TV funzionante o meno, altri dispositivi tecnologici disponibili o meno, di provare qualche volta ad uscire di notte a guardare quei puntini luminosi nel cielo e a crearvi personali figure fantastiche e con esse, magari, inventare storie da raccontare ai vostri figli per farli addormentare.

In migliaia di anni sono state individuate centinaia di costellazioni da parte di ogni civiltà della Terra e solo nel 1930 l’IAU, l’Unione astronomica Internazionale, ne ha riconosciute ufficialmente 88, suddivise nei due emisferi: 18 in quello boreale, il nostro, 36 in quello australe e le rimanenti 34 nella fascia equatoriale dove troviamo anche le costellazioni zodiacali.

Ma veniamo a noi: dopo questa piccola, ma necessaria introduzione, vi racconterò la mitologia che riguarda la costellazione boreale del Cigno.

Rappresentazione della costellazione del Cigno
Questa costellazione, già nota al popolo della Mesopotamia, sembra apparire anche in alcune novelle sui viaggi di Sinbad il marinaio, nel libro “Mille e una notte”. Anche Ipparco e Tolomeo parlavano di questo asterismo, ma vedendo in esso un uccello generico, piuttosto che un cigno. Per gli arabi era una gallina, infatti la sua stella più luminosa, Deneb, in lingua araba significa “coda di gallina”. Fu così per tutto il Medioevo fino al Rinascimento, quando Eratostene le assegnò il nome di “Cigno”. Nel ‘700 la Chiesa attuò una riforma con la quale cercò di cambiarle il nome in “Croce del Nord” visto che l’asterismo ne ricorda la forma, in aggiunta avrebbe anche rappresentato il simbolo opposto alla costellazione australe della “Croce del Sud”.  C’è chi dice che la Chiesa volesse in questo modo ricordare la croce di Gesù o la croce sostenuta da Sant’ Elena, la madre di Costantino, alla quale viene attribuito il ritrovamento della croce medesima, smarrita per secoli. Nonostante ciò, il nome pagano prevalse.

Rappresentazione di Cigno, Lira e Aquila
Secondo un’antica leggenda, il cigno era l’animale nel quale Zeus trasformò un amico di Fetonte, un figlio di Apollo il quale, preso il carro infuocato del padre, ebbe un piccolo incidente che causò un incendio ad un vasto appezzamento di terra coltivato. Zeus non poteva certo lasciare impunita tale azione, così lanciò contro di lui la sua folgore per vendicarsi e Fetonte, ferito, cadde in un fiume. L’amico che si trovava con lui si tuffò varie volte nel tentativo di salvarlo e Zeus, questa volta impietosito per il generoso ed altruistico gesto, lo trasformò in cigno per agevolare le operazioni di salvataggio. Dopo lo pose nel cielo a ricordo di questa azione eroica. Decisamente un personaggio singolare il “Padre degli Dei” che, personalmente, definirei anche il “Casanova”, il “Latin Lover” dell’Olimpo. Infatti, secondo la tradizione greca, l’origine di questa figura è da ricercare nelle imprese “galanti” di Zeus in occasione delle quali, spesso, si trasformava in cigno. Un altro mito greco, racconta che Zeus si era innamorato della Dea Nemesi (in greco “sdegno, vendetta”) che aveva il compito di punire coloro che sfidavano l’ordine delle cose o gli Dei stessi. Nemesi era al servizio di Temi (figlia di Urano e di Gea) che presiedeva alla legge ed ogni volta le si mancava di rispetto, interveniva Nemesi. Zeus voleva unirsi a lei, ma ella cercò sempre di sfuggire, avendo sempre accanto Aidos, la Dea del pudore. Essendo quindi Nemesi legata alla purezza, come anche protettrice di Temi, accondiscendere alle “avance” di Zeus, avrebbe voluto dire andare contro la propria missione, immaginate che figura ci avrebbe fatto!!! ma quel “farfallone” di Zeus, una la faceva e mille ne pensava, così ricorse ad uno stratagemma: andò da Afrodite chiedendole di prendere le sembianze di un’aquila, mentre egli avrebbe preso quelle di un cigno. Le chiese poi di inseguirlo facendo sembrare che l’aquila lo volesse uccidere e sperando che Nemesi, volta a compassione, lo accogliesse tra le sue braccia ed infatti questo accadde: ella si addormentò con il cigno vicino. Durante il sonno accadde il “fattaccio” e Zeus la possedette, dopodiché volò via. Gli uomini sulla Terra videro il cigno-Zeus volare alto nel cielo e, per evitare che qualcuno sospettasse dell’accaduto, egli collocò l’immagine volante del cigno con l’aquila che lo inseguiva: nel cielo, infatti le due costellazioni splendono vicine. Visto poi che gli incontri di Zeus non erano mai infruttuosi, dopo alcuni mesi Nemesi partorì un uovo che però abbandonò nel bosco. Un pastore lo trovò e lo portò in dono a Leda, moglie di Tindaro, re di Sparta, che lo mise dentro un’urna. Quando l’uovo si schiuse, ne uscì una bellissima bambina: Elena, il cui destino avrebbe segnato la storia della Grecia, indovinate di quale Elena si trattava… Elena di Troia.

Di questo mito esiste anche una variante in cui è Leda ad unirsi a Giove e a partorire ben due uova, dalle quali nasceranno, oltre ad Elena, i gemelli Castore e Polluce. Questa versione della leggenda è stata rappresentata da molteplici artisti in un periodo di tempo che abbraccia molti secoli: Leonardo da Vinci fece ben 3 versioni di Leda con il cigno (in piedi, inginocchiata e sdraiata, quest’ultima censurata). Purtroppo le tavole originali sono andate perdute e di tale soggetto possiamo ammirare solo alcuni studi fatti da pittori allievi di Leonardo. Venne immortalata anche da artisti come Tintoretto e Michelangelo, la ritroviamo presente anche nel poema “I Trionfi” di Petrarca. Fu presa addirittura ad esempio per rappresentare il movimento del Simbolismo a fine ‘800 dal pittore Mokeau.

Siamo giunti al termine di questo spazio dedicato alla mitologia e sperando di avervi intrattenuto piacevolmente, vi do appuntamento alla prossima storia celeste augurando a tutti: “cieli sereni per limpide visioni”.

Silvia Fiumalbi

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