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SEZIONE ESOPIANETI - Metodi di ricerca

 

Salve a tutti,

eccoci di nuovo qui a parlare di esopianeti. Avevamo già spiegato un po’ l’argomento e ripercorso la storia delle prime scoperte negli ultimi post, che purtroppo risalgono ad Agosto. L’idea, infatti, era quella di scrivere, dopo ogni serata osservativa in cupola, un post con il report della serata stessa insieme con un piccolo approfondimento in tema. Purtroppo viviamo in un periodo particolare e le serate in osservatorio per ora rimangono solo nei nostri sogni. Ma niente vieta di sognare a occhi aperti, riprendere le vecchie serate osservative per riviverle insieme a voi aspettando di poter ritornare operativi. Quindi eccomi qui, a parlare di nuovo con voi di esopianeti. Ma… bando alle ciance (come si dice da noi! XD), entriamo subito nel vivo dell’argomento e immergiamoci nel mondo dei pianeti extrasolari. 

Abbiamo visto che i primi esopianeti sono stati scoperti nel 1992, quindi molto recentemente se consideriamo la storia dell’astronomia. Ma come si scoprono questi pianeti? Direte voi… facile! Abbiamo tantissimi telescopi, alcuni veramente imponenti, ne puntiamo uno verso lo spazio infinito e… no! Mi dispiace deludervi, ma purtroppo i pianeti “fotografabili” sono veramente pochi. Riflettiamo insieme. Un pianeta ha una dimensione centinaia o addirittura migliaia di volte inferiore rispetto alla stella intorno alla quale ruota, e non è tutto. La stella, ovviamente, per definizione, brilla di luce propria mentre un pianeta riflette più o meno abbondantemente la luce che gli arriva dalla stella stessa. 
Quindi le nostre osservazioni vengono abbagliate dalla luce che ci arriva dalla stella, e vedere il pianeta risulta veramente difficile. Inoltre, come se non bastasse, le stelle sono lontanissime da noi, praticamente un puntino minuscolo in cielo. Osservare un esopianeta è come cercare di individuare un moscerino che vola attorno a un lampione, attratto inconsciamente dalla sua luce, da chilometri e chilometri di distanza. Impossibile direte voi! Difficile si, impossibile no. I pianeti scoperti con il metodo diretto, quindi con la classica fotografia astronomica, sono pochi, pianeti molto grandi orbitanti intorno a stelle abbastanza vicine a noi. L’unico modo per osservarli è utilizzare un coronografo, praticamente un tappo posizionato davanti alla stella, che ostacola la luce della stella stessa e ci permette di individuare i deboli pianeti intorno.

Ma se già è difficile vederli, come facciamo a scoprirli? Utilizziamo i cosiddetti metodi indiretti. Cioè rileviamo la presenza di questi pianeti facendo misurazioni sulla stella che li ospita. Quali sono questi metodi? Il primo che vi presento è quello delle velocità radiali.

Tutti sappiamo che i pianeti orbitano intorno alle stelle perché sono attratti gravitazionalmente da queste, forse in pochi si sono soffermati a pensare che anche le stelle subiscono un po’ di attrazione gravitazionale da parte dei pianeti che orbitano loro intorno. Risultato? Anche le stelle si muovono su una piccola orbita intorno al centro di massa del sistema stella-pianeti. Questo vuol dire che noi da terra vediamo la stella che si avvicina e si allontana periodicamente. Ovviamente questi spostamenti si possono osservare con misurazioni spettroscopiche, non certo in visuale. Cosa vediamo? Se facciamo lo spettro della stella, quindi scomponiamo nei colori dell’arcobaleno la luce bianca che ci arriva, possiamo osservare delle righe nere che corrispondono agli elementi chimici presenti nell’atmosfera della stella. Quando la stella si sta avvicinando a noi le onde elettromagnetiche si contraggono e di conseguenza le righe subiranno una spostamento verso il blu, quando al contrario la stella si sta allontanando le onde si distendono e le righe subiranno uno spostamento verso il rosso. Questo effetto è chiamato Doppler-Fizeau. Ne abbiamo esperienza diretta per quanto riguarda le onde sonore, tutti hanno presente il cambio di frequenza del suono di un ambulanza che passa vicino a noi da acuto, mentre si avvicina, a grave, mentre si allontana. Quindi, se misuriamo questi piccoli spostamenti nello spettro, possiamo arrivare a individuare i pianeti presenti.

Altro metodo è quello del timing. Si può utilizzare solo su determinati tipi di stelle, in particolare le pulsar, stelle a neutroni che emettono con la precisione di un orologio svizzero (e forse anche più! XD) fasci di onde elettromagnetiche. Se vengono misurate piccole variazioni in questi tempi super precisi ecco qua che l’ipotesi più plausibile diventa la presenza di un esopianeta.


Alcuni esopianeti vengono scoperti con il metodo dell’astrometria. In cosa consiste? Innanzi tutto dobbiamo misurare molto precisamente la posizione delle stelle in cielo e il loro spostamento relativo alle stelle “fisse” (sembrano fisse a noi, solo perché più distanti). In teoria, il risultato del movimento delle stelle attorno al centro galattico dovrebbe essere rettilineo, ma se è presente un pianeta che perturba gravitazionalmente la propria stella, allora questo movimento risulterà ondulatorio.

La creatività umana non ha proprio limiti, infatti, sfruttando un effetto della teoria della relatività ipotizzato da Einstein, gli scienziati hanno sviluppato un altro metodo indiretto per la ricerca degli esopianeti: le microlenti gravitazionali. Che cos’è una lente gravitazionale? La gravità è “prodotta” da ogni corpo che possiede una massa. Va da sé che se un corpo è più massiccio ha più forza di gravità. Un buco nero riesce ad attirare intorno a sé un’intera “galassia” di stelle, il Sole attira a sé tutti i pianeti e gli altri corpi minori del sistema solare, noi esseri umani sembra riusciamo ad attirare solo la sfortuna, ma dobbiamo accontentarci! Questa forza di gravità può essere rappresentata anche come una deformazione dello spazio-tempo, secondo la teoria di Einstein, e questa deformazione riesce a deviare persino la luce che sta viaggiando in questo spazio-tempo.
Mentre ci spostiamo intorno al Sole e quindi anche intorno al nucleo galattico insieme allo stesso, si possono verificare degli allineamenti particolari, durante i quali un oggetto massiccio si trova prospetticamente davanti a un altro oggetto più lontano che noi non dovremmo vedere in quanto nascosto dal precedente. Ma l’effetto lente fa sì che la luce dell’oggetto più lontano venga deviata dalla forza di gravità di quello più vicino e questo ci permette di vederlo e misurarlo. Nella microlente gravitazionale l’oggetto più vicino, quindi il responsabile della deviazione delle onde elettromagnetiche, non è altro che la nostra stella provvista di esopianeta. L’effetto della lente quindi avrà una forma diversa, presentando un secondo picco dovuto alla presenza, appunto, del pianeta. Questi allineamenti sono momentanei e praticamente irripetibili, quindi dobbiamo approfittarne quando avvengono.

L’ultimo, ma assolutamente non per importanza, è il metodo dei transiti, che è quello che utilizziamo anche noi a Libbiano ed è quello che abbiamo già visto insieme, nonché il metodo più diffuso per la ricerca di esopianeti. Si tratta, molto brevemente, di misurare il calo di luminosità che provoca il pianeta passando di fronte alla stella intorno alla quale orbita.

Ma allora vediamolo in pratica questo metodo! E per farlo utilizziamo un transito che abbiamo ripreso noi dall’osservatorio di Libbiano. Si tratta dell’esopianeta TRES-3b. Osserviamo insieme la carta d’identità di questo pianeta.

Si tratta di un gioviano caldo, infatti ha un raggio pari a 1,3 volte quello di Giove e orbita molto vicino alla sua stella con un periodo  di 31 ore! Velocissimo!

Scoperto nel 2007 col metodo dei transiti, ha addirittura un nome proprio. Si chiama infatti Umbaassa, che è il nome di una piccolissima formica terrestre. La stella intorno alla quale orbita è una nana arancione, che ha un raggio pari a 0,8 raggi solari e una temperatura superficiale di circa 5700 K.




Lo possiamo individuare in direzione della costellazione dell’Ercole e dista da noi 1305 anni luce. Questo vuol dire che la luce che abbiamo fotografato proveniente da questa stella è partita 1305 anni fa! Cosa succedeva sulla Terra? Correva l’anno 714 e sulla Terra nasceva il famosissimo Re dei Franchi Pipino il Breve, figlio dell’altrettanto famoso Carlo Martello e padre del più che famoso Carlo Magno!


Vediamo insieme la curva di luce ripresa da Libbiano! È una curva un po’ particolare in quanto, come possiamo osservare, appena il pianeta finisce di “entrare” dentro il disco della stella, inizia subito a “uscire”. Noi siamo soliti osservare un “piatto” centrale. Infatti durante l’arco di orbita percorso dal pianeta, in cui quest’ultimo rimane prospetticamente davanti al disco della stella, la quantità di luce che ci arriva non cambia. Perché quindi questa curva assomiglia a una “v”?





Come osserviamo da questa rappresentazione, calcolata automaticamente da un software analizzando i dati da noi ricavati dalle riprese effettuate, il pianeta è transitato davanti alla sua stella quasi sul bordo del disco. Questo comporta, appunto, un intervallo di tempo piccolissimo in cui il pianeta si trova completamente all’interno del disco stellare e di conseguenza la struttura a “v” della curva di luce.




Quante cose possiamo scoprire con delle semplicissime fotografie effettuate a un piccolissimo puntino luminoso che si trova a un enorme distanza da noi!

Per oggi abbiamo scoperto abbastanza! XD Vi saluto qui e vi do appuntamento al prossimo post di approfondimento!

Silvia Gingillo


Commenti

  1. Gran lavoro Silvia! Sia per il post che per l'aggiornamento della "grafica". Ci voleva!!

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    Risposte
    1. Grazie mille Dario!
      Ne approfitto per dire a tutti che siamo a disposizione per rispondere a eventuali domande e commenti.

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