“Non dimenticate di mettermi un like!”
Questa frase, soprattutto considerando la scena in cui viene pronunciata (che per ovvi motivi non rivelerò!), rappresenta bene una parte del significato del film, ma in realtà c’è anche molto, molto altro. Forse troppo.
Don’t Look Up è uscito a fine 2021 e in pochi mesi è diventato uno dei film più visti di sempre sulla piattaforma Netflix. Considerando quanto è stato “chiacchierato” dopo la sua uscita e il suo legame con temi astronomici e scientifici, ho pensato che anche per me fosse arrivato il momento di guardarlo... e provare a scriverne una recensione sul blog!
La trama si basa sulla scoperta di una cometa in rotta di collisione con la Terra, dalle dimensioni sufficienti a estinguere completamente la vita sul pianeta. I malcapitati astronomi che cercano di darne notizia al mondo, affinché si prendano le adeguate contromisure, si scontrano con un sistema che considera i fatti appena scoperti alla stregua di tante altre questioni, più o meno frivole.
Personaggi e situazioni sono stereotipati fino all’eccesso: il mediocre professore universitario (Leonardo Di Caprio), classico topo da laboratorio catapultato in un mondo cui non appartiene e dal quale si lascia travolgere; il politico corrotto (Meryl Streep), in questo caso la presidentessa degli Stati Uniti che sguazza nel lusso e indifferente a tutto ciò che non riguardi voti e consensi; la star arrogante ed egoista (Ariana Grande), preoccupata solo del successo e dei likes sui social; lo scienziato pazzo (Mark Rylance), disposto a rischiare la distruzione della Terra pur di sviluppare le sue idee e sfruttarne gli immensi guadagni che ne deriveranno; la spietata conduttrice televisiva (Cate Blanchett), priva di qualunque etica e falsa come una moneta da tre euro...
A questi si aggiunge il popolo, diviso fra i “creduloni” che cercano di dare ascolto alla scienza, quelli che negano l’esistenza della cometa o quantomeno la sua effettiva pericolosità e gli indifferenti, più preoccupati per le relazioni amorose dei personaggi famosi che dell’imminente fine del mondo.
La
stereotipizzazione così spinta sfocia spesso nel ridicolo e tende a
semplificare certe situazioni che nel mondo reale sono sicuramente più
complesse e sfaccettate. Ma è coerente con il genere satirico del film, che con
il suo sottofondo grottesco stupisce (se in bene o in male lascio a ciascuno
stabilirlo a seconda delle proprie impressioni) e strappa numerosi sorrisi.
Probabilmente
si tratta anche di un espediente per rendere i personaggi volutamente meno
realistici, evitando così che le critiche alle contraddizioni della politica e
della società siano associate in maniera specifica a persone o enti reali.
Dal punto di vista scientifico è tutto abbastanza plausibile. Per esempio le tecnologie usate, anche se non tutte esistenti al giorno d’oggi, sono quantomeno verosimili per un prossimo futuro e teoricamente in grado di funzionare senza dovere inventarsi nuove leggi della fisica. Unica eccezione rilevante il sistema informatico che attraverso i big data prevede la morte delle persone, comunque inserito solo per far passare alcuni messaggi e insignificante ai fini della trama.
Per quanto
riguarda la cometa, ne esistono di quelle dimensioni (si parla di circa 9 km di
diametro) ed è possibile che colpiscano la Terra, nel qual caso potrebbero
effettivamente provocare la catastrofe descritta. E’ invece molto inverosimile
(per nostra fortuna!) che un oggetto celeste così grande venga scoperto solo
sei mesi prima dell’impatto con il pianeta. Probabilmente ce ne accorgeremmo
con molti anni di anticipo e ci sarebbe molto più tempo per conoscerlo,
studiare le contromisure più appropriate per quel caso specifico e metterle in
pratica. Comunque non mi sento di considerare questo aspetto come un errore o
un’imprecisione, dal momento che l’imminenza dell’impatto è importante per lo
svolgimento della trama e quindi un eventuale maggiore realismo avrebbe
compromesso tutto il film.
“Piano, non
drammatizziamo, adesso!”
In ogni caso
il tema centrale non è tanto la scienza, quanto piuttosto il suo rapporto con
la politica e la società. Ciascuno di questi tre mondi funziona con regole profondamente
diverse, cosa che riempie il loro intreccio - per quanto inevitabile e
necessario alla vita umana - di ostacoli e contraddizioni.
Mi sembra questo il momento più opportuno per citare una protagonista che avevo precedentemente omesso nominando alcuni attori: la dottoranda in astronomia che scopre la cometa, interpretata da Jennifer Lawrence. Nel film rappresenta la gioventù che difende a spada tratta quello in cui crede, insofferente alle opposizioni di fama, potere, denaro e ignoranza ai fatti scientifici, fino al punto di perdere la pazienza in diretta TV, cosa che le costerà la credibilità agli occhi del pubblico.
Vorrei però
concentrarmi su un’altra questione, forse puramente casuale ma che io trovo
molto significativa: Lawrence è la protagonista anche di un’altra serie di film
parodistici del mondo moderno, Hunger Games. In questi i temi fondamentali sono
la guerra, i reality show e l’abisso economico e sociale fra i pochi che vivono
nel lusso e le masse che soffrono la fame.
Per quanto le
situazioni e i fatti siano rappresentati in maniera esagerata, romanzata e
semplificata, ritengo che entrambi i film colgano appieno alcuni problemi
fondamentali dell’umanità, come la corruzione dilagante e, soprattutto,
l’incapacità della mente umana di orientarsi nell’immensa complessità di tutto
quello che ci circonda. Il risultato è un’astrazione totale dalla realtà dei
fatti, che ci rende incapaci di distinguere il vero dal falso e indifferenti
alla gravità di quello che accade, come se osservarla dallo schermo di uno
smartphone o di un televisore potesse attutirla.
Ma i ragazzi
ai Giochi della Fame muoiono lo stesso e la cometa colpirà la Terra anche se
decidiamo di non guardarla.
Per orientarsi in questa complessità bisognerebbe studiare e capire, cose che però costano molto tempo e fatica. E’ allora più facile scegliere di fidarsi di qualcuno e così nel film la popolazione si divide in due fazioni opposte:
-
la
“don’t look up”, cioè “non guardate in alto”, perché tanto non c’è nessuna
cometa, è solo un’invenzione per costringervi a fare quello che vogliono
(questa è addirittura appoggiata dal partito della presidente degli Stati
Uniti, visto che lo scienziato pazzo che vuole arricchirsi con la cometa è il
principale finanziatore della sua campagna elettorale);
-
la
“look up”, cioè “guardate in alto”, perché la scienza non mente, la cometa è lì
e basta alzare lo sguardo per rendersene conto.
Emerge allora un’altra importante questione: la gente è ignorante non perché sia stupida (vabbè, ci saranno anche quelli… 😉), ma perché effettivamente non ha idea di come funzionino certe cose. Purtroppo non si può essere tuttologi: un esperto in letteratura o in agricoltura non potrà esserlo anche in astronomia e viceversa. Da qui l’importanza della comunicazione, per far arrivare il messaggio a quante più persone possibile: i protagonisti si ritrovano, anche se controvoglia, a parlare in TV, organizzare concerti e inseguire i likes sui social. Allo stesso modo gli abiti della “ragazza di fuoco” erano necessari in Hunger Games per accendere gli animi e dare inizio alla rivolta.
Il
personaggio che più di tutti rappresenta il punto d’incontro fra il “dentro” e
il “fuori” la scienza, unico barlume di ragione in un mondo che sembra popolato
solo da pazzi, è il funzionario (Rob Morgan) di un ufficio della NASA che si
occupa della difesa della Terra dagli impatti con altri oggetti celesti. E’ un
uomo di mondo, che apprezza lo spettacolo e l’interazione sociale “attraverso
lo schermo”, ma non se ne lascia travolgere. E’ un dipendente del governo, in
contatto grazie alla sua professione con pezzi grossi della politica e i loro
modi di fare. E’ uno scienziato di formazione, cosa che gli permette di
analizzare i fatti con lucidità e distinguerli dalle opinioni. La sua capacità
di tenere i piedi in più staffe lo rende un punto di riferimento per i
protagonisti, i quali - nel tentativo di salvare il mondo - devono sì usare gli
strumenti della scienza, ma devono anche capire la necessità di adattarsi ai
contesti in cui si ritrovano per poter trasmettere le loro ragioni a chi questi
strumenti non li ha mai conosciuti.
“Questa cosa
accadrà sicuramente. [...] al 99,78 %, per l’esattezza.”
“Ah, bene! Allora non è il 100 %.”
“Beh, agli scienziati non piace mai dire 100 %.”
La scienza non è altro che un metodo per indagare le cose. Quello che la distingue dagli altri modi possibili è l’aver mostrato, nell’arco dei secoli, di essere il più efficace. Non perfetto e non applicabile a tutto, ma il meno fallace per un numero sterminato di questioni che, volenti o nolenti, ci riguardano nella vita di tutti i giorni.
Il metodo
scientifico galileiano si basa sull’esperienza, sull’osservazione dei fatti. E
in base a queste osservazioni propone dei ragionamenti teorici che consentano
di prevedere risultati non ancora osservati. Funzionerà di sicuro? No, ma è il
modo meno stupido che abbiamo a disposizione per cercare di capire cosa
succederà. Senza contare che quando un fatto smentisce una teoria la scienza ha
l’umiltà di correggere i propri errori, in un processo evolutivo continuo che a
piccoli passi la porta a perfezionarsi sempre di più.
Chi decide se
una cosa è scientifica o meno? Tutti e nessuno. Chiunque può proporre un’idea,
ma questa dovrà essere supportata dai fatti, dimostrabili in esperimenti
riproducibili più e più volte. Quando migliaia e migliaia di scienziati - professionisti
che si occupano di questo dalla mattina alla sera, tutti i giorni della loro
vita - otterranno sempre gli stessi risultati, quell’idea sarà accettata oltre
ogni ragionevole dubbio. I geni solitari che rivoluzionano la scienza da soli sono
famosi proprio perché sono casi più unici che rari e comunque anche loro hanno
dovuto dimostrare quello che sostenevano attraverso i tre pilastri della
scienza: 1) i fatti, 2) tanti fatti e 3) moltissimi fatti.
Nel film lo scienziato pazzo (alla luce di quanto appena detto direi più pazzo che scienziato!) propone un metodo per sfruttare le ricchezze della cometa. Un metodo bellissimo, pieno di tecnologie che salveranno la Terra e ne arricchiranno gli abitanti. C’è solo un problema: nessuno si è preoccupato di verificare che possa effettivamente funzionare... Questa non è scienza. “Una volta mi è successo che...” non è scienza. “L’hanno detto in TV” non è scienza.
E’ come la
caverna di Platone: un uomo legato dentro a una caverna e costretto fin dalla
nascita a guardare sulla parete di fondo le ombre di quello che succede
all’esterno crederà che quelle ombre siano tutto ciò che esiste, anziché solo
una parte. Il metodo scientifico consente di guardare fuori dalla caverna e
approfondire tutto quello che altrimenti a uno sguardo superficiale potrebbe
apparirci in maniera diversa.
Certo, lo
scienziato pazzo a volte fa anche delle previsioni corrette e la cometa ha una
probabilità dello 0,22 % di non colpire la Terra; ma vi buttereste dalla
finestra solo perché “la teoria della gravità potrebbe anche essere sbagliata”?
Alla fine, sotto una veste frivola e leggera, troviamo un film estremamente complesso, che tocca molte questioni fin troppo ingarbugliate. Magari non dà troppe risposte (ed è anche giusto così, ognuno poi troverà le proprie), ma pone sicuramente tante domande e offre numerosi spunti di riflessione.
Forse è anche
per questo che ha ricevuto diversi riconoscimenti, fra i quali quattro
candidature ai Premi Oscar e altrettante ai Golden Globe. Del resto il cast
stellare che vi ha partecipato (sotto la direzione di Adam McKay, che è stato
anche sceneggiatore e produttore) era quasi una garanzia.
Concludo notando come il film sia stato considerato un’allegoria del riscaldamento climatico. Sicuramente ci sono molti parallelismi fra i due temi e il discorso potrebbe anche essere allargato a tante altre questioni tecnico-scientifiche, in cui per ignoranza di molti o per interessi economici o politici di pochi i dati reali fanno una gran fatica a essere presi in considerazione. Nel caso per esempio dei vaccini anticovid il film si è rivelato addirittura profetico, dal momento che la sceneggiatura era già stata scritta quando è iniziata la pandemia: “non guardate in alto, vogliono solo controllare le vostre vite”.
La scienza
non è più importante della letteratura, dell’economia, dell’arte, del
divertimento, o di qualunque altra cosa; semplicemente viene prima in ordine
logico e cronologico. E’ come costruire una casa: le finestre non saranno più o
meno importanti del tetto e la cucina non lo sarà dell’illuminazione, ma dovremo
sempre e comunque cominciare dalle fondazioni. Prendere decisioni politiche o
di qualunque altro tipo senza valutare prima gli aspetti scientifici non ha
alcun senso.
Come se le
previsioni scientifiche potessero cambiare in base ai sondaggi o a chi vince le
elezioni...
Guardate in
alto!
Lorenzo
Bigazzi
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