L’Astronomia, attraverso i personaggi, noti o meno, che l’hanno fatta e il loro tempo
Tra la metà del IV sec. a.C. e la fine del III sec. a.C. ci troviamo nel bel mezzo del periodo di maggior fervore della civiltà greca nel campo delle scienze naturali. Vediamo un po’ cosa succedeva in quei luoghi, in quel tempo.
Grazie alle conquiste di Alessandro Magno, la civiltà greca si diffuse nel mondo mediterraneo e orientale, generando mutamenti culturali tali da determinare la fine dell'era classica e l'inizio dell'era cosiddetta ellenistica. Dopo la sua morte (323 a.C), il suo impero venne suddiviso tra i generali del suo esercito (Diadochi) che si fecero guerra l’un l’altro per contendersi i territori loro assegnati. Nel 350 a.C. vede la luce il principale trattato di cosmologia di Aristotele, il Perí ouranoú (A proposito del cielo) che sarà il pilastro dell’aristotelismo, la visione cosmologica che dominerà la cultura, antica prima e quella medievale (cristiana e islamica) poi, per quasi due millenni.
Impero di Alessandro Magno |
Il mondo greco intorno al 350 a.C. |
Sempre ad Alessandria (260 a.C) il greco Filone di Bisanzio inventa il giunto per trasmettere il moto tra due assi non allineati ed il sistema di catena e ruota dentata. Sperimenta le prime molle in bronzo ed applica per la prima volta il principio di espansione di un gas riscaldato per produrre moto. Nascono le scuole filosofiche degli epicurei, degli scettici e degli stoici, e gli storici greci ed egizi iniziano a raccontare le vicende dei loro popoli in maniera sempre più critica. Eudosso di Cnido tentava, per primo, di dare una spiegazione matematica del sistema dei pianeti. Nel suo “sistema omocentrico” pose al centro la Terra, immobile, circondata da sfere concentriche soggette ognuna ad un diverso moto circolare uniforme. I pianeti erano collegati a queste sfere e ne seguivano il moto. La sfera più esterna conteneva le stelle fisse. A lui sono attribuiti risultati di grande importanza, fondamentali per la costituzione della matematica come scienza.
Statua di Aristarco, università Aristotele di Salonicco |
In questo contesto si inserisce Aristarco di Samo, nato sulla stessa isola che dette i natali a Pitagora, studiò ad Alessandria dove ebbe come maestro Stratone di Lampsaco. Astronomo e fisico, Aristarco è noto soprattutto per avere introdotto per primo una teoria astronomica nella quale il Sole e le stelle fisse sono immobili mentre la Terra ruota attorno al Sole percorrendo una circonferenza. Sappiamo inoltre che Aristarco concordava con Eraclide Pontico nell'attribuire alla terra un moto di rotazione diurna attorno al proprio asse con l’ulteriore intuizione che questo asse fosse inclinato, rispetto al piano dell'orbita intorno al Sole, con la conseguenza dell’alternarsi delle stagioni. Dell’opera in cui illustrava la sua teoria eliocentrica non restano che frammenti e brevi citazioni e non è difficile credere che le sue opere siano andate perdute, visto lo scarso successo che all'epoca riscontrarono: troppo innovativo il concetto di un Sole al centro dell'Universo e , soprattutto, troppo estrema una Terra dislocata in periferia e costretta ad affannarsi in un'orbita eliocentrica. Pare che per la sua teoria eliocentrica fu accusato di “delitto contro la religione” dal filosofo stoico Cleante per "avere turbato il riposo di Estia", cioè del fuoco divino racchiuso nella Terra. Se Aristarco si scoprì fautore dell'eliocentrismo non fu per capriccio o per contrarietà alla moda, ma era una teoria che - a suo dire - riusciva a spiegare molto meglio il moto osservato dei pianeti. Naturalmente le obiezioni non si fermarono al solo fatto di aver turbato il riposo della figlia di Crono e Rea. I suoi contemporanei gli obiettarono anche il fatto che le stelle fisse avrebbero dovuto cambiare posizione nei diversi periodi dell’anno. Dato che la Terra si muoveva intorno al Sole lungo un cerchio, le stelle, essendo fisse, avrebbero dovuto mostrare un moto annuo apparente nel cielo, a causa della variazione della posizione della Terra rispetto a loro, mentre compiva il suo moto intorno al Sole. Questo movimento apparente avrebbe dovuto descrivere un’ellisse (a causa della direzione della stella rispetto al piano orbitale della Terra) ed è proprio quello che oggi chiamiamo parallasse annua.
La figura illustra la definizione di parallasse annua ed il procedimento che permette di calcolare la distanza di una stella |
Visto che questo movimento non si osservava, egli concluse, respingendo l’obiezione, che le stelle fisse si dovevano trovare a distanze enormemente maggiori del diametro dell’orbita terrestre e tali da non rendere percepibile il loro spostamento. Spostamento talmente piccolo che dobbiamo aspettare il 1838 per arrivare alla misura della parallasse di una delle stelle a noi più vicina. (La misura della parallasse permise, in seguito, di ricavare, con molta precisione, la distanza delle stelle “nei dintorni” del nostro sole (vedi figura) dando vita anche ad una unità di misura astronomica, il Parsec, definito come la distanza alla quale la parallasse annua è esattamente di un secondo d'arco, ed equivale a 3,26 anni luce.)
Oggi sappiamo che queste intuizioni sono state tra le più grandi che la mente umana avrebbe potuto concepire a quei tempi e avrebbero potuto anticipare di due millenni alcune future conoscenze sul sistema solare e sull’universo. Malauguratamente Aristotele pensava che la terra fosse il centro dell'universo, e l'autorità di Aristotele era talmente indiscussa che pochi osavano metterla in dubbio. Inoltre, il decentramento della terra, avrebbe significato un cambiamento delle leggi "fisiche", poiché la teoria aristotelica delle "cose che prendevano il loro posto naturale" sarebbe stata molto indebolita.
L'unica opera a noi pervenuta di Aristarco è il breve trattato “Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna” nel quale stima la grandezza del Sole e della Luna e calcola le relative distanze dalla Terra. Egli intuì correttamente che il problema richiedeva per prima cosa di misurare l’angolo tra Luna e Sole nell’istante esatto in cui la Luna si trovava in quadratura con il Sole, ossia quando la Luna era al primo o all’ultimo quarto. Questa configurazione implica il fatto che l’angolo Terra-Luna-Sole sia esattamente retto, ossia uguale a 90°, come riportato nella figura che segue.
Secondo la misura di Aristarco l’angolo Sole-Terra-Luna risultò essere “meno di un quadrante di un trentesimo di quadrante”, in altre parole tre gradi meno di novanta gradi, cioè 87° (così ci si esprimeva a quei tempi, perché i gradi non erano ancora in uso in Grecia) e quindi l’angolo Luna-Sole-Terra risultava di 3°. Lavorando con il metodo euclideo (non conoscendo ancora la trigonometria) Aristarco determinò che la distanza Terra-Sole era “da 18 a 20 volte la distanza Terra-Luna” (trigonometricamente si otterrebbe 19.1). Ovviamente a quell’epoca la strumentazione di cui poteva disporre Aristarco era grossolanamente imprecisa, e sarebbe stato assolutamente impossibile per lui trovare l’ora esatta della quadratura e misurare l’effettivo angolo Sole-Terra-Luna che è invece di circa 89° 51’ (la distanza Terra-Sole, in effetti, è circa 390 volte quella tra la Terra e la Luna). Malgrado il risultato sia estremamente impreciso, resta indubbio il fatto che la strategia osservativa era perfettamente corretta e geniale. Sicuramente con gli strumenti di oggi Aristarco avrebbe ottenuto un risultato sicuramente vicino all’attuale.
Ma non si fermò e passò ad un ulteriore considerazione.
Nelle eclissi totali di Sole, questo viene coperto per intero dalla Luna. Da ciò si poteva dedurre che i loro diametri apparenti fossero uguali. Ne derivava una figura come quella che segue, in cui entrambi i raggi apparenti sottendono lo stesso angolo.
Durante le eclissi totali di Sole, i raggi apparenti del Sole e della Luna devono essere uguali. Dai triangoli simili TSH’ e TLH ne deriva che, come le distanze TS e TL, anche i raggi devono stare nel rapporto 19.1, perciò Il Sole doveva essere 19,1 volte più grande della Luna. Sebbene il procedimento fosse perfettamente corretto l’errore precedente si rifletteva anche in questo calcolo. Risultati scadenti ma intuizione perfetta. Possiamo tranquillamente dire, quindi, che i risultati ottenuti da Aristarco, anche se imprecisi, sono tuttavia importanti per esser il frutto dei primi tentativi, di cui si abbia conoscenza, rivolti a ricavare tali grandezze dall’osservazione diretta e di compiere i primi passi nell’applicazione della matematica all’astronomia.
Ogni accenno e riferimento comportano approfondimenti che portano a vagare nella storia inseguendo i collegamenti che portano da un personaggio ad un luogo, da un pensiero filosofico ad una scoperta e così via. Per la mia curiosità, cercare di fermarmi e raccogliere solo le strette necessarie informazione per scrivere e comporre questi brevi articoli, è veramente difficile. Spero di essermi fermato in tempo…..
Alla prossima….
Dario Ciurli
Per me potresti tranquillamente non fermarti, questi articoli sono veramente interessanti e ben fatti. Complimenti!
RispondiEliminaSei proprio sicura? 😁
EliminaGrazie mille per l'apprezzamento!!