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SEZIONE ASTROFILATELIA - Il telescopio di Galilei e lo sviluppo degli strumenti di osservazione

 Benvenuti a tutti gli astrolettori-filatelici,

oggi continuiamo a raccontarvi, attraverso buste e francobolli, alcuni degli avvenimenti più interessanti del mondo astronomico e astronautico. In particolare, in questo articolo e nel prossimo, vogliamo presentarvi le principali tappe che hanno portato alla nascita e allo sviluppo dei telescopi che oggi giorno ci permettono di osservare le immensità del cosmo senza muoverci dal nostro piccolo, errante pianeta che chiamiamo casa.

IL TELESCOPIO DI GALILEI E LO SVILUPPO DEL CANNOCCHIALE – Prima parte

Nell’estate del 1609 Galileo Galilei venne a sapere che due occhialai olandesi avevano realizzato un curioso strumento ottico, un piccolo tubo di ottone e di piombo munito alle sue estremità di due lenti. A una estremità era inserita una lente convergente, come quella degli occhiali da presbite, all’altra estremità era invece inserita una lente divergente, quella per miopi. Guardando attraverso queste lenti, gli oggetti lontani apparivano più vicini, anche se dobbiamo ammetterlo, veramente di poco, infatti riuscivano a ingrandire di appena due tre volte.

Cannocchiale di Galilei
Non appena conobbe i dettagli costruttivi, Galileo si dedicò a perfezionare lo strumento riuscendo in pochi mesi ad aumentarne il potere di ingrandimento. Infatti combinò lenti più potenti fino a raggiungere i trenta ingrandimenti. Spinto dalla curiosità scientifica diresse il proprio strumento modificato verso il cielo, gli astri conosciuti mostrarono fisionomie sconosciute e nuovi astri si aggiunsero a quelli del vecchio cosmo tolemaico. Con questo strumento vide i monti e le valli della Luna, scoprì i quattro satelliti di Giove, molte stelle invisibili ad occhio nudo e le fasi di Venere, anche se aveva un grande limite; più potente era l’oculare più il campo visivo era ristretto.

Luna e fasi di Venere
Telescopio di Johannes Hevelius
Pochi anni dopo Keplero, sostituendo la lente oculare divergente con una convergente, permise un campo molto più ampio e quindi ingrandimenti più importanti. Anche se rimanevano comunque alcuni difetti: le immagini venivano capovolte e c’era un disturbo cromatico sui soggetti osservati, chiamato aberrazione cromatica. Per attenuare quest’ultimo si scoprì che erano necessari telescopi più lunghi. Johannes Hevelius arrivò a costruirne uno addirittura di quaranta metri, con seri problemi di costruzione, trasporto e costi elevatissimi di produzione. Solo successivamente, con un altro famosissimo personaggio, si scoprì che questo disturbo era dovuto al fatto che la lente separava i colori da cui è composta la luce.

Dopo Galileo, quindi, il cannocchiale/telescopio ha subito delle notevoli variazioni e miglioramenti. Oltre all’aberrazione cromatica fu studiata anche l’aberrazione sferica, che portava alla formazione di immagini distorte con l’utilizzo di lenti sferiche. I raggi più distanti dall’asse venivano focalizzati ad una distanza differente dalla lente rispetto a quelli centrali.

Nei primi del 1700, mentre faceva delle ricerche sul comportamento della luce, Isaac Newton, pensò di produrre delle lenti acromatiche, proprio per togliere l’aberrazione cromatica. Bisogna dire che non può essere eliminata del tutto, ma può essere diminuita molto utilizzando un sistema ottico in grado di mettere a fuoco nello stesso punto, luce di diverse lunghezze d’onda.


Aberrazione cromatica
Nella configurazione più usata si accoppiano due vetri con diversi coefficienti di dispersione (doppietto acromatico). Se invece i vetri utilizzati sono tre si parla di tripletto apocromatico, configurazione di uno dei nostri telescopi a Libbiano!

Dopo aver esaminato attentamente il problema, Newton decise che vi era una sola soluzione, rinunciare all’obiettivo di vetro e utilizzare un sistema diverso, basato non sulla rifrazione ma sulla riflessione della luce, più precisamente sulla capacità di uno specchio concavo di concentrare in un punto un fascio di raggi di luce paralleli formando così un immagine.

Quando si parla di rifrazione ci riferiamo ad un effetto fisico durante il quale un fascio di radiazioni elettromagnetiche incide sulla superficie di separazione tra due mezzi trasparenti e una parte di esso la attraversa, viene trasmesso con un angolo diverso rispetto a quello incidente e si propaga lungo una diversa direzione.

Rifrazione e riflessione
Parliamo invece di riflessione quando ci riferiamo ad un effetto fisico durante il quale un fascio di radiazioni elettromagnetiche incide su una superficie di separazione e una parte di esso viene rinviata nel mezzo da cui proviene il raggio incidente con un angolo simmetrico a quello di incidenza rispetto alla normale alla superficie di separazione.

Per riflettere la luce sull’oculare posto all’esterno del tubo ottico Newton utilizzò uno specchio primario a sezione quasi parabolica e un secondario piano di forma ellittica inclinato di 45°. Anche se lo specchio era di un solo pollice di apertura ebbe un grande successo e nel 1672 fu presentato alla Royal Society di Londra, una prestigiosa istituzione scientifica fondata nel 1640 dal re Carlo II.

Dopo pochi anni nacque un tipo di telescopio riflettore che utilizzava uno specchio primario concavo a sezione parabolica e un secondario convesso a sezione iperbolica: configurazione Cassegrain. la luce veniva così focalizzata all’esterno dello specchio principale, sul quale era praticato un apposito foro. Dovevano passare ancora molti anni perché i telescopi riflettori si imponessero, intanto nei grandi osservatori continuavano ed essere usati i rifrattori di lunghissima focale.

Altre configurazioni possibili sono la Ritchey-Chretien che usa entrambi gli specchi a sezione iperbolica e la gregoriana, con due specchi concavi, il primario paraboloide e il secondario elissoide. Addirittura il progetto di questo tipo di telescopio, ideato da James Gregory, è antecedente al newtoniano, risale infatti al XVII secolo, anche se poi è stato effettivamente costruito da Robert Hooke solo nel 1673.

I primi riflettori qualificati vennero fabbricati da John Hadley, che nel 1721 realizzò e presentò alla Royal Society un eccellente Newtoniano di 15 cm di apertura e 160 cm di focale che aveva un obiettivo perfettamente parabolico, questo venne testato con grande successo da Edmond Halley, da poco nominato Astronomo Royal.

Da li a poco James Short, matematico e ottico scozzese, intraprese una lunga attività di costruttore di telescopi riflettori sia in vetro sia in speculum, una lega di rame e stagno, e in 33 anni riuscì a produrre 1370 riflettori venduti e utilizzati in tutta Europa che si distinguevano per una singolare caratteristica, erano facilmente convertibili in tutte e tre le configurazioni: Newton, Cassegrain e Gregory. Attualmente ne esistono ancora 110.

Il maggior impulso allo sviluppo del telescopio a riflessione si deve a Frederick William Herschel considerato il più abile osservatore di tutta la storia dell’astronomia. Autodidatta, costruì telescopi prima di tipo gregoriano, poi di tipo newtoniano.

Grazie alle qualità ottiche senza precedenti, scoprì Urano, Titania e Oberon, satelliti di Urano, Mimas e Encelado, satelliti di Saturno, sistemi di stelle binarie e multiple e interpretò migliaia di oggetti, da lui osservati e catalogati, come nebulose, dalle quali, secondo lui, nascevano le galassie (qualcosa effettivamente ci nasce dalle nebulose…… magari a forza di nascere stelle ne nasceranno così tante che diventeranno un sacco, che dico una valanga, che dico una galassia! XD).

Inizialmente, scoperto Urano, lo denominò Georgium Sidus in omaggio al suo sovrano Giorgio III. Altri volevano chiamarlo Herschel, ma l’astronomo Johan Elert Bode, fra i primi ad osservare il nuovo astro, propose il nome di Urano, il dio del firmamento e del cielo.

Si soffermò particolarmente sulle stelle doppie perché riteneva che queste offrissero un metodo per determinare la loro distanza dalla terra, il metodo si chiama parallasse ed era stato suggerito tempo prima addirittura da Galileo Galilei. La parallasse non è altro che lo spostamento angolare apparente di un oggetto quando viene osservato da due punti di vista differenti.

Herschel non fu in grado di verificare questi movimenti e le prime misure della parallasse furono effettuate molti anni dopo da Friedrich Wilhelm Bessel e Friedrich Georg Wilhelm von Struve insieme a Thomas Henderson.

Parallasse
Herschel diventò subito un uomo famoso e il re Giorgio gli assegnò una pensione vitalizia di 200 sterline all’anno, oltre al titolo di Royal Astronomer. Questo riconoscimento gli permetterà di abbandonare gradualmente la sua attività di musicista e di concentrarsi interamente sull’astronomia.
Marte

Fra le altre cose calcolò la direzione e la velocità del moto del Sistema Solare e anche Marte fu un soggetto importante delle sue osservazioni. Nel 1784 pubblicò un lavoro in cui comunicava che l’asse di rotazione del pianeta era inclinato di una trentina di gradi sul piano orbitale, con la conseguenza che Marte doveva possedere delle stagioni simili a quelle della Terra, suppose anche che le calotte polari fossero dei sottili strati di ghiaccio e neve, cercò senza successo eventuali satelliti, riteneva che le zone oscure del pianeta fossero oceani e quelle chiare dei continenti, dedusse che Marte possedeva un’importante anche se tenue atmosfera, idea che gli venne confermata dal fatto che quando il pianeta occultava una stella non si aveva alcuna riduzione di luminosità improvvisa.

Per oggi ci fermiamo qua, vi diamo appuntamento al prossimo articolo, dove continueremo a indagare l’evoluzione del telescopio e le grandi scoperte che sono avvenute grazie a questi strumenti, all’apparenza così semplici ma in realtà tanto complessi quanto i soggetti che ci permettono di osservare.

Con tutti questi francobolli e queste buste non possiamo far altro che RACCOMANDARVI di leggere il prossimo articolo! XD

Silvia Gingillo e Fabio Marzioli

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