Woolsthorpe-by-Colsterworth
(Inghilterra), Natale 1642
In
realtà il “tale e così grande onore del genere umano”, come recita l’epitaffio
sulla sua tomba, era nato il 4 gennaio 1643, mentre in Inghilterra vigeva
ancora il calendario giuliano. Ma questa è un’altra storia. Quello
che ci interessa è che quel giorno (qualunque esso fosse 😉)
nacque una delle più grandi menti di tutti i tempi, capace di innovare, quando
non rivoluzionare, numerose branche della matematica, della fisica e
dell’astronomia.
Quasi
trent’anni dopo, già diventato titolare della cattedra di matematica
all’università di Cambridge, iniziò studi sull’ottica che lo portarono all’osservazione
di un prisma, cioè una specie di piramide, di vetro trasparente che è in grado
di scomporre la luce bianca che lo attraversa in tutti i colori
dell’arcobaleno. Lui stesso si riferì alla comparsa di quest’insieme di colori
con il termine “spettro”, con il significato latino di “apparizione”. Tali
osservazioni lo portarono a pensare che la luce fosse composta da particelle materiali
di diversi colori, convinzione purtroppo errata, o meglio incompleta, come
avremo modo di vedere nei prossimi articoli. Capì subito che questa
scomposizione della luce è la causa di un difetto, detto aberrazione cromatica,
che affligge i telescopi a lenti - come quello di Galileo - e inventò quindi i
telescopi a specchi, che portano appunto anche il suo nome: "La
natura e le leggi della natura giacevano nascoste nella notte; Dio disse: «Che
Newton sia!» e luce fu." Alexander PopeNon
siete curiosi di sapere quali leggi fisiche stanno dietro alle osservazioni di Sir
Isaac Newton? Io sì, quindi in ogni caso dovrete sopportarmi!
La
velocità della luce è poco meno di 300000 km/s, ovvero circa sette volte il
giro della Terra in un secondo! Questo valore però è corretto solo nel vuoto,
per esempio quando le onde luminose viaggiano nello spazio fra due galassie. Se
invece la luce attraversa un materiale, come l’acqua o il vetro, la sua
velocità diminuisce a causa dell’interazione con gli atomi del materiale
stesso. In conseguenza di questo rallentamento la direzione di propagazione dei
raggi luminosi cambia e la deviazione è tanto più accentuata quanto maggiore è
la differenza fra gli indici di rifrazione dei due materiali a contatto. Questo
fenomeno fisico si chiama appunto “rifrazione elettromagnetica”.
A
complicare ulteriormente le cose - ma fate molta attenzione, perché questo è un
punto fondamentale - ci si mette il fatto che l’angolo di rifrazione cambia
anche in base alla lunghezza, ovvero al colore, dell’onda luminosa: le lunghezze
d’onda più basse sono deviate maggiormente rispetto a quelle più alte. Quando
un raggio luminoso attraversa l’interfaccia fra due diversi materiali, i colori
che lo compongono risulteranno quindi sparpagliati in base alle corrispondenti lunghezze
d’onda e da un unico raggio di luce bianca otterremo una striscia con tutti i
colori in sequenza.
Ed
ecco svelato come si formano gli spettri, mica da anime vaganti!
A
questo punto nasce spontanea una domanda: dal momento che i colori sono
determinati dalla lunghezza delle onde luminose, non basterebbe aumentare o
diminuire questa lunghezza per ottenere altri colori oltre a quelli
dell’arcobaleno? La risposta è “sì”, ma purtroppo i nostri occhi non sono in
grado di vedere tutti quei colori che abbiano una lunghezza d’onda superiore a
quella del rosso o inferiore a quella del violetto.
Per
indicare tutte le lunghezze d’onda si parla di “spettro elettromagnetico”, del
quale la luce visibile costituisce solo una piccola parte, all’incirca fra i
700 (rosso) e i 400 (violetto) milionesimi di millimetro. In ordine crescente
di lunghezza d’onda - o, se preferite, in ordine decrescente di frequenza -
troviamo le seguenti radiazioni elettromagnetiche:
-
raggi gamma, coinvolti nelle
reazioni nucleari
-
raggi X, per le radiografie
-
ultravioletto, per una bella
abbronzatura
-
visibile
-
infrarosso, quelle degli occhiali
che vi fanno vedere anche al buio
-
microonde, per scaldare gli avanzi
del giorno prima
-
onde radio, usate nelle
telecomunicazioni
Concludiamo
riconsiderando una questione dell’articolo precedente: come si è formato
l’arcobaleno del nostro amico primitivo? I colori non nascono dal nulla, sono
invece già presenti nella luce solare che ai nostri occhi appare biancastra. Visto
che non c’è nessun prisma, cosa origina la rifrazione che ci fa percepire tutti
quei bei colori separatamente l’uno dall’altro?
Ovviamente sono le gocce d’acqua sospese nell’aria a fare le veci del prisma di
Newton: il raggio di luce subisce una prima rifrazione all’ingresso della
goccia, una riflessione sul fondo e una seconda rifrazione all’uscita. L’indice
di rifrazione dell’acqua e la forma sferica della goccia fanno sì che la luce
in uscita dalla goccia sia più intensa a un angolo di circa 42 gradi rispetto
alla direzione di provenienza dei raggi solari. Questo ci spiega perché
possiamo vedere l’arcobaleno solo con il Sole alle spalle e ci fa capire anche
il motivo della sua forma ad arco: tutte le gocce d’acqua creano il loro
piccolo arcobaleno, ma noi riusciamo a vedere solo la luce proveniente da
quelle che si trovano a 42 gradi rispetto al nostro punto di osservazione! Ci
risentiamo al prossimo articolo: vi aspettRo!
Lorenzo
Bigazzi
Un articolo che fa "riflettere"!! Bel lavoro Lorenzo..
RispondiElimina😁👍
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